Le varie tipologie di formaggio . Le proprietà salutistiche . I formaggi e i valòori nutrizionali .
Quali formaggi sciegliere e quali evitare . Il contenuto in proteine , grassi e glucidi dei formaggi .
Formaggi freschi e Formaggi stagionati .

Il formaggio e la sua storia




Da quando sulla terra apparve la vita esiste il latte, alimento primo dei mammiferi e quindi

anche dell'uomo. Attraverso i secoli, il miracolo del latte si è rivelato compiutamente anche

nel suo principale derivato: il formaggio.

Documenti sulle prime dinastie dei re Egiziani e dei Sumeri testimoniano che la

fabbricazione del formaggio era già conosciuta cinquemila anni orsono. Plinio, Virgilio,

Omero, Aristotele affermano che era in auge presso i Romani e i Greci.

Probabilmente il formaggio, questo meraviglioso prodotto alimentare, ha un'origine che si

perde nella notte dei tempi e certo si può collegare al nascere della pastorizia.

I primi pastori, agli albori della civilizzazione dell'uomo, scoprirono il formaggio osservando

prima la trasformazione che avviene abbandonando il latte alla sua naturale fermentazione

acida e successivamente constatando che, con l'aggiunta di porzioni di stomaco di agnello

(caglio), il latte assumeva consistenza solida (coagulava) ed aveva la proprietà di

conservarsi.

Nel corso dei secoli scienza e industria hanno fatto di un alimento primitivo un cibo

raffinato, moltiplicandone tipi, forme e sapori.


Che cosa è il formaggio?

Il formaggio è uno dei cibi più nutrienti che esistano. Esso si può definire come il prodotto

della maturazione della "cagliata" ottenuta con la coagulazione presamica o acida del latte

intero e puro o della crema da esso ricavata, o del latte scremato parzialmente o

totalmente, con la sola aggiunta di fermenti, sale, spezie.

Nonostante che la tecnica della sua preparazione sia estremamente varia e che si

possano oggi distinguere con nomi diversi centinaia di tipi, il principio per cui dal latte si

ricava il formaggio è praticamente unico.

Sul latte intero o parzialmente scremato (latte prevalentemente vaccino, ma anche di

pecora, di capra, di bufala) si fa agire un fermento detto " presame" o " caglio".

Il " caglio", liquido o in polvere o in pasta, è preparato, con opportuno trattamento, dal

ventriglio essiccato e stagionato dei vitelli o dei capretti o degli agnelli.

Sotto l'azione del "caglio", la caseina, la proteina tipica del latte, si coagula in una massa

granulosa detta "cagliata", la quale oltre alla proteina (caseina) contiene quantità maggiori

o minori di grasso, a seconda che si sia partiti da latte intero o parzialmente scremato; la

cagliata contiene i minerali e le vitamine presenti nel latte di partenza.

La cagliata viene lavorata secondo tecniche diverse a seconda del tipo di formaggio che si

vuol produrre; anche la maturazione del formaggio, quando ha luogo, è diversa nei modi e

nella durata, pur consistendo sempre in una serie di processi fermentativi.

Da queste diverse manipolazioni tecnologiche hanno origine le differenze tra i formaggi:

duri o molli, dolci o piccanti, ecc. In dettaglio la fabbricazione del formaggio avviene

attraverso il succedersi delle seguenti fasi:

1) Riscaldamento del latte intero o scremato;

2) Eventuale aggiunta di fermenti e di coloranti;

3) Coagulazione del latte con il caglio o presame; 4) Rottura del coagulo o spinatura;

5) Eventuale cottura della cagliata

(formaggi a pasta dura);

6) Estrazione della cagliata e messa in forma;

7) Eventuale compressione delle forme

(formaggi a pasta dura);

8) Salatura;

9) Maturazione o stagionatura.

Allorché viene tolta la cagliata, nella caldaia rimane il siero. Questo viene utilizzato per la

preparazione della ricotta, portandolo alla temperatura di 80-100 ¡C previa aggiunta di

siero inacidito (agra).

La ricotta è preparata prevalentemente con latte di pecora, ed in alcune regioni anche con

latte di mucca.

Il caseificio

Si può definire il complesso dei mezzi necessari alla conservazione e lavorazione del latte

ed alla fabbricazione del burro e del formaggio. Pur essendo, come si è detto, questa

industria la più antica del mondo (ne parla anche la Bibbia , e gli antichi Romani ci hanno

lasciato numerose notizie in merito) è solo nel Medioevo che inizia lo sviluppo del

caseificio vero e proprio in Europa.

Ed è solo con la comparsa della prima macchina scrematrice centrifuga (1877), e di altre

macchine che permettono la lavorazione dei sottoprodotti del latte, che nascono i caseifici

a carattere industriale.

Ecco in sintesi i locali essenziali che sono comuni a tutti i caseifici medi e piccoli,

tralasciando di considerare tanto i fabbricati necessari agli stabilimenti maggiori quanto

quelli dei burrifici e delle Centrali del latte, il cui studio di progetto compete a tecnici

specializzati.

1) Vestibolo o camera di ricevimento del latte

E' il locale in cui avviene il ricevimento del latte e il relativo controllo, il quale si fa

preferibilmente a peso (peso = vol. x 1,03; vol. = peso x 0,97).

2) Camera del latte

E' il locale nel quale avviene l'affioramento spontaneo della crema e dove perciò il latte

viene messo a riposare in recipienti larghi ma bassi (bacinelle, navi o vasche) e nei quali è

lasciato dalle 12 alle 14 ore, a seconda della stagione ed a seconda del grado di

scrematura voluto. Si trova solamente in quei caseifici che producono formaggi semigrassi

(ad es. Grana) impiegando latte parzialmente scremato e che abbia raggiunto la

necessaria " maturanza" per la sopravvenuta acidità fermentativa.

3) Cucina o casone

E' il locale meno esigente in fatto di temperatura e perciò di orientamento, cosicché è

situato quasi sempre a mezzogiorno, ma è il più ampio e illuminato perché vi si compiono

tutte le operazioni che costituiscono la prima fase della fabbricazione dei formaggi. In esso

trovano posto le caldaie (di foggia diversa a seconda del tipo di formaggio e riscaldabili a

fuoco diretto o col vapore) per conferire al latte la temperatura di coagulazione o per la

eventuale cottura della cagliata.

4) Salatoio

E' il locale nel quale si svolge la salatura dei formaggi, che si può fare "a secco",

cospargendo di sale la superficie delle forme, oppure "in salamoia", immergendo i

formaggi in acqua satura di sale.

E' il locale dove si svolge la maturazione o stagionatura dei formaggi, che può durare più o

meno a lungo a seconda del tipo di formaggio (il tempo aumenta con la durezza della

pasta) e che può essere totale o parziale a seconda delle consuetudini.

La lavorazione di taluni formaggi (ad es. provoloni o caciocavalli) esige pure un reparto per

l'affumicatura.

Come varia molto da regione a regione in Italia la produzione quantitativa del latte, così

varia la distribuzione dei caseifici.

I formaggi sono prodotti per il 75% nell'Italia settentrionale (Pianura padana in particolare),

per il 6% nella centrale, per 1'8% nella meridionale e per 1'11% nella insulare.

Come si classificano i formaggi

Non esiste un'unica classificazione dei formaggi, dato che se ne possono proporre molte

e diverse, differenziate fra loro a seconda della caratteristica che di volta in volta si prende

come base di partenza.

Accenniamo alle più significative.

1) I formaggi possono essere distinti in vaccini, pecorini, bufalini e caprini, a seconda del

tipo di latte che si adopera per produrli.

2) In funzione del metodo di lavorazione si possono ottenere formaggi a pasta molle (che

contengono più del 40% di acqua) e formaggi a pasta dura (che ne contengono meno del

40%).

Questi ultimi, poi, a seconda della temperatura alla quale viene portata la cagliata,

possono essere suddivisi in formaggi crudi, formaggi semi cotti, formaggi cotti. A parte

sono considerati i formaggi a pasta filata (che vengono manipolati con acqua calda a 85-

90¡C).

3) Un'altra classificazione può essere fatta in base all'indice di maturazione del formaggio,

che è dato dal rapporto fra l'azoto solubile e l'azoto totale nel prodotto.

4) Ci si può anche riferire al contenuto in grassi.

Nel nostro Paese un primo decreto legge aveva fissato nel 1925 i limiti di contenuto in

materia grassa sulla cui base dovevano essere denominati i formaggi ("formaggio grasso"

con un contenuto non inferiore al 42%, riferito alla sostanza secca; "formaggio magro" con

un contenuto inferiore al 20%; "formaggio semi grasso" con un contenuto compreso fra 20

e 42%).

Tali denominazioni non sono più richieste da quando, nel 1938, un altro decreto legge (poi

parzialmente modificato nel 1955) ha stabilito che ogni singolo tipo di formaggio debba

contenere una percentuale minima di sostanza grassa, non inferiore a quella indicata in

un'apposita tabella.

5) Per una serie di formaggi italiani, poi, un D.P.R. del 1955 ha stabilito le denominazioni

di origine (DOC) e di tipicità.

Le denominazioni di origine sono definite dalle zone di produzione, dai metodi di

lavorazione e da caratteristiche merceologiche.

Le denominazioni di tipicità sono definite dalle pratiche casearie, utilizzabili in tutto il

territorio nazionale, e dalle proprietà organolettiche e merceologiche.

6) Va infine ricordato che nel marzo 1992, nel quadro del recepimento delle norme

comunitarie, è entrata in vigore in Italia una norma che consente (esclusivamente per i

formaggi diversi da quelli DOC e tipici) la libera fabbricazione dei formaggi "magri" (con

meno del 20% di grassi sulla sostanza secca) e di formaggi "leggeri" (con un contenuto di

grassi, sulla sostanza secca, compreso fra il 20 e il 38%).

Al contrario, per i formaggi DOC e per i formaggi tipici rimangono validi i limiti di contenuto

grasso già stabiliti per i diversi tipi.

7) A parte vanno considerati i formaggi fusi, prodotti che si ottengono per fusione di

formaggi di vario tipo e a diverso stato di maturazione, opportunamente triturati, ai quali è

possibile anche aggiungere della crema e della caseina, nonché determinate sostanze in

qualità di fondenti e di addensanti. Specifiche disposizioni di legge stabiliscono per questi

formaggi un tenore minimo di grassi del 35% sulla sostanza secca, un'umidità massima

del 55%, un contenuto massimo di ceneri dell'8% e il divieto di qualsiasi colorazione

artificiale.

Valore alimentare del formaggio

I formaggi vantano un valore nutritivo elevatissimo, dato che possono essere definiti come

un vero e proprio concentrato (a densità maggiore o minore a seconda del contenuto in

acqua) delle qualità nutritive del latte (con la sola eccezione del lattosio).

Se a questo si aggiungono le loro caratteristiche favorevoli di conservabilità, di ridotto

volume e di facile trasportabilità, si completa il quadro di un alimento veramente eccellente

sia sotto il profilo del gusto che sotto quello dei pregi nutrizionali. Un alimento che si presta

straordinariamente a fungere da correttivo delle carenze di certe diete povere o sbilanciate

e incomplete (come sono, ad esempio, le diete vegetariane estreme) e da integratore,

particolarmente nella alimentazione dei bambini e delle persone anziane.

I formaggi sono ricchi di energia (sono un vero alimento, non un condimento o un

complemento al pasto!) e sono un concentrato proteico (fino a dieci volte i valori del latte

di partenza) di alta qualità: 150 grammi di formaggio bastano a coprire il fabbisogno

proteico di un adulto, contro i 250- 300 grammi di carne necessari per la stessa

operazione. Inoltre, la qualità delle proteine del latte è considerata superiore a quella delle

stesse proteine carnee, ed adattissima, per la sua particolare ricchezza in certi

amminoacidi essenziali, a compensare le carenze delle proteine vegetali presenti nella

dieta.

Il maggior contributo al valore energetico dei formaggi è dato dai grassi, presenti in

quantità diverse a seconda della varietà, ma comunque sempre in notevole misura,

mentre il colesterolo è presente nei formaggi in misura variabile dai 60 ai 100 milligrammi

ogni 100 grammi (per una assunzione massima giornaliera suggerita di 300 milligrammi).

I relativi problemi di equilibrio nutrizionale possono comunque essere agevolmente

superati limitando oculatamente le quantità consumate oppure ricorrendo di preferenza a

prodotti scremati o parzialmente scremati, del tipo di quei formaggi "magri" o "leggeri" la

cui produzione, dal marzo 1992, è finalmente consentita anche dalla legge italiana.

La qualità dei grassi presenti nei formaggi è comunque per lo più tale da renderli

facilmente digeribili e utilizzabili da parte dell'organismo e da conferire loro ridotte attitudini

ad elevare i livelli di colesterolo nel sangue.

Di grande rilievo anche l'apporto in minerali. I formaggi contengono molto fosforo, molto

sodio (il che può creare problemi a chi soffre di ipertensione arteriosa), ma soprattutto

molto calcio, un minerale essenziale per la formazione e il mantenimento delle ossa e dei

denti e per una serie di processi, quali la conduzione degli impulsi nervosi, la contrazione

muscolare, la coagulazione del sangue, ecc.

Il formaggio, con il latte e lo yoghurt, è l'unica vera fonte alimentare di calcio per l'uomo:

questi prodotti assicurano oltre i 2/3 dell'introito giornaliero di calcio nel nostro Paese, e

bastano 70- 120 grammi di un qualsiasi formaggio per coprire il fabbisogno quotidiano

medio di un adulto.

Va poi sottolineato che in questi prodotti il calcio stesso è contenuto in una forma chimica

che lo rende molto più facilmente assorbibile e utilizzabile da parte del nostro organismo.

Ed è anche importante ricordare che il formaggio contiene calcio e fosforo in un rapporto

superiore ad 1, ossia in un rapporto ideale sia per una utilizzazione ottimale del calcio che

per correggere nel complesso della dieta la esagerata prevalenza del fosforo che si

riscontra in tutti gli alimenti di più largo consumo (quali cereali, patate, legumi, carne, uova,

ecc.) e che può provocare perdite considerevoli di calcio (diete rachitogene).

Per quanto riguarda le vitamine, i formaggi, unitamente agli altri prodotti lattiero-caseari,

coprono circa il 30% della assunzione totale di vitamina B2 e di vitamina B12, ma vantano

soprattutto, da soli, la presenza di quantità significative di vitamina A: bastano 100 grammi

di formaggio ad assicurare circa il 50% della quantità giornaliera consigliata per questa

vitamina.


In sostanza, di fronte agli indiscutibili pregi nutritivi dei formaggi (notevole apporto in

energia e in proteine di elevatissima qualità, apporto abbondante e quasi unico di calcio,

ottimo rapporto calcio/fosforo, buon apporto in vitamina A e in vitamina B2), troviamo

alcuni difetti (contenuto in calorie e in grassi troppo elevato in alcune varietà, grassi

prevalentemente saturi, molto sodio) che però assumono rilievo soltanto in relazione ad un

consumo eccessivo, facilitato eventualmente dal gusto attraente di questi prodotti e dalla

facilità con la quale a volte vengono consumati in aggiunta ai pasti normali, proprio in

quanto pronti all'uso.

L'unico vero problema è quindi quello di utilizzare correttamente i formaggi, in relazione

non soltanto al loro apporto nutritivo ma anche alla molteplicità di tipi disponibili (comprese

le nuove varietà a ridotto tenore in grassi), alla loro elettiva indicazione per l'età evolutiva e

per le intolleranze al latte, alla loro attitudine a completare le diete vegetariane e

comunque a sostituire vantaggiosamente le carni, ecc.


Il formaggio giova a tutti

L'uso del formaggio ai pasti è molto esteso: come antipasto, come condimento (formaggio

grattugiato), come base per piatti elaborati e squisiti.

Niente completa e arricchisce meglio un pranzo, quanto l'apparire di un vassoio di

formaggi diversi l'uno dall'altro ma ugualmente squisiti nelle tante varietà che hanno reso

famosa la produzione italiana.

Il formaggio è adatto a persone di tutte le età. Esso è particolarmente indicato per i

bambini ed i ragazzi in crescita, per il suo alto contenuto di proteine, di calcio, di grassi.

Per l'infanzia si preferiscano formaggi non fermentati, ad alto contenuto di lipidi, il cui

sapore delicato e la cui consistenza morbida sono particolarmente accetti ai giovanissimi.

Per gli adulti qualunque varietà di formaggio può essere adottata, ai pasti o fuori dei pasti;

in generale si alterna l'uso di formaggio a pasta dura (per condimento) e di formaggio a

pasta molle (per l'esecuzione di piatti particolari).

Per le persone anziane, per i bambini in tenera età e in generale per tutti coloro cui è

consigliata una dieta a basso tenore di grassi, sono da preferire formaggi ottenuti da latte

parzialmente scremato.


La conservazione casalinga dei formaggi

Il formaggio necessita di particolari cure per una buona conservazione se si vuole che

mantenga intatte le caratteristiche organolettiche e la fragranza.

Va conservato in luogo fresco, in un recipiente chiuso, anche in frigorifero, nel comparto

all'uopo destinato, per evitare che si secchi e perda il profumo.

Si eviti di conservare i formaggi vicino ad alimenti di odore forte (aglio, cipolla, ecc.) onde

evitare che assorbano tali odori.

I formaggi si conservano più o meno a lungo, a seconda del tipo: si va dai formaggi

freschi, che è meglio consumare entro pochi giorni, a quelli stagionati, che possono durare

settimane.

I formaggi freschi vanno consumati entro pochi giorni dall'acquisto.

I formaggi freschi ad alto contenuto di umidità (crescenza, robiola, mozzarella, ricotta...)

vanno privati della carta e conservati in contenitori di plastica a chiusura ermetica, per

impedire che si secchino. Se c'è liquido di governo è bene lasciarveli immersi. Non è

raccomandabile l'uso della pellicola per avvolgerli, perché il formaggio ha bisogno di

spazio in cui "respirare".

I formaggi a pasta consistente, più o meno stagionati, vanno conservati possibilmente su

un tagliere di legno, senza nessun involucro, né di carta, né di pellicola, coperti solo da un

panno (la cosa migliore sarebbe un panno di lino) che va mantenuto costantemente

umido. Questo accorgimento ostacola lo sviluppo di muffa: se sulla superficie del

formaggio se ne formasse ugualmente un po', eliminatela accuratamente raschiando in

profondità con il coltello. Non è necessario gettare via tutto il pezzo.

In tutti i casi, è molto importante la pulizia dei contenitori o del tagliere: bisogna lavarli

frequentemente con acqua calda per rimuovere ogni traccia di grasso, che potrebbe

irrancidire o favorire la formazione di muffe.

Non tutti sanno che i formaggi freschi si possono congelare. E' invece sconsigliabile

congelare quelli stagionati, in particolare il grana.

Se avete problemi di conservazione, o se vi è comodo, potete acquistare formaggi in

confezione sottovuoto o in atmosfera modificata (è un sistema più recente): questi metodi

infatti non incidono in misura rilevante sulle caratteristiche di gusto e profumo del

formaggio.


Formaggi d'Italia

I formaggi italiani non hanno nulla da invidiare ai più celebri formaggi stranieri. Alcune tra

le nostre varietà tipiche vantano tradizioni antichissime e restano tuttora inimitabili.

La qualità dei pascoli, e quindi del latte, I'accuratezza della lavorazione e della

maturazione, un'artigianale bravura nel trattare il prodotto, sono i piccoli segreti che danno

ad una zona geografica una specie di esclusività nella produzione di un formaggio tipico

(Gorgonzola, Reggiano, ecc.).

Con il passar degli anni quella che era una limitata attività di fattoria è diventata industria,

che è riuscita a mantenere quasi integri i metodi tradizionali.

La produzione di formaggi in Italia è molto varia e disseminata nelle varie regioni, e

assume caratteristiche tipiche diverse da una regione all'altra.


Formaggi DOC e tipici riconosciuti

Asiago

Il luogo di origine di questo formaggio coincide con la zona che gli dà il nome: l'altopiano di

Asiago. Attualmente la sua area di produzione delimitata e controllata si estende su

quattro province: l'intero territorio di Venezia e Trento e parte dei comuni delle province di

Padova e di Treviso.

In commercio sono reperibili due tipi di Asiago:

- l'Asiago di allevo, così denominato perché la stagionatura, condotta con particolare cura

in appositi locali, ne costituisce un vero e proprio "allevamento". Viene prodotto in forme di

9- 12 kg . Ha un sapore molto piccante;

- l'Asiago pressato, con sapore più dolce e delicato, derivante da una maturazione molto

breve. Si differenzia da quello d'allevo oltre che per il sapore, per il colore più chiaro e per

la maggiore altezza delle forme.

Bra

Prende il nome da una cittadina del cuneese dove però non viene prodotto, né quasi mai

lo è stato. In realtà, il grosso della produzione avviene nei piccoli e medi caseifici della

pianura cuneese e dei paesi di fondovalle. Oggi sono diffuse due qualità di Bra: il tenero e

il duro, che si differenziano per la tecnologia di lavorazione e per la durata della

stagionatura. In entrambi i casi le forme sono cilindriche, con un peso che si aggira intorno

agli 8 kg .

Caciocavallo

E' un prodotto a pasta filata tipico del nostro Mezzogiorno, caratterizzato dalla forma a

fuso con una strozzatura all'estremità superiore. Prodotto con il latte di varie razze bovine,

quando è di razze podoliche, brade o semibrade, è particolarmente pregiato. La sua

denominazione sembra derivi dall'accoppiamento delle provole che, legate assieme,

venivano fatte stagionare a cavallo di un bastone orizzontale. La stagionatura può durare

anche due anni e il sapore può essere piccante o dolce a seconda del caglio utilizzato. I

migliori caciocavalli si segnalano nell'Alto Molise, nel Cilento, nell'altopiano della Sila e

nell'altopiano di Verteia

Canestrato pugliese

Il suo nome deriva dai canestri entro cui lo si fa stagionare per periodi di tempo più o meno

lunghi. Si produce in tutte le stagioni dell'anno nelle province di Foggia e di Bari,

unicamente da latte intero di pecora di razza Merinos o Gentile di Puglia. La pasta di

questo formaggio è compatta e friabile e le dimensioni delle forme molto variabili, con un

peso che va dai 7 ai 14 kg .

Casciotta d'Urbino

E' un formaggio prevalentemente di pecora, prodotto tutto l'anno nell'entroterra

marchigiano della provincia di Pesaro, oltre che nel comune da cui prende il nome. Di

forma cilindrica, è di piccole dimensioni. La sua crosta sottile è indice di una breve

maturazione, la sua pasta è compatta, di colore paglierino molto friabile e di sapore dolce.

Castelmagno

E' un formaggio semi grasso pressato a pasta semidura erborinata, prodotto

prevalentemente con il latte vaccino. Si prepara nell'omonimo paese, oltre che nei comuni

di Pradleves e Monterosso Grana (tutti in provincia di Cuneo). La sua produzione negli

ultimi tempi è andata calando per lo spopolamento delle zone montane.

Il Castelmagno stagionato ha un sapore sapido e piccante, ma attualmente si tende a

privilegiare un prodotto più fresco dal sapore fine e delicato, moderatamente salato.

Fiore sardo

E' un formaggio a pasta dura cruda, prodotto in Sardegna esclusivamente con il latte

intero di pecora, presso aziende pastorali e con metodi in uso da secoli. Il colore della

pasta va dal bianco al giallo paglierino, mentre il sapore è gradevole e più o meno

piccante a seconda dello stadio di stagionatura.

Appena prodotto è consigliabile come formaggio da tavola, quando ha superato i tre mesi

si predilige come formaggio da condimento. Esternamente la sua forma caratteristica lo

rende riconoscibile a prima vista. Alto 12- 15 cm e con diametro che va dai 12 ai 20 cm ,

assume l'aspetto di due tronchi di cono uniti per la base maggiore. La pezzatura va da 1 a

5 kg .

Fontina

L'origine di questo nome è legato a numerose teorie, c'è chi lo collega con l'alpeggio di

Fontin, altri lo vogliono derivato dal villaggio di Fontinaz o dal cognome di una famiglia del

luogo. Quale sia la verità non è dato saperlo. Ma è di certo che oggi il nome Fontina viene

rigorosamente impiegato per identificare solo e unicamente le forme prodotte in Val

d'Aosta. La Fontina presenta una pasta morbida, ma di consistenza sostenuta ed elastica,

ottenuta da latte crudo che non abbia subito alcuna scrematura. Il sapore dolce presenta

variazioni anche notevoli, a seconda del grado di maturazione e dei pascoli di

provenienza.

Il peso delle forme si aggira sugli 8- 10 kg , ma può raggiungere anche i 18 kg .

Formai de mut

La traduzione letterale del nome di questo formaggio non crea molte difficoltà. Nel dialetto

della Val Brembana, il "mut" è semplicemente la montagna dove le mandrie soggiornano

nei mesi estivi. E' un formaggio prezioso, in quanto raro: infatti trovarlo al di fuori della

zona di produzione (21 comuni della provincia di Bergamo) è una vera impresa.

La tecnica di produzione è del tutto artigianale e tutto o quasi viene ancora fatto a mano,

come immutati sono rimasti i locali di pietra, le "casere" d'Alpe dove avvengono buona

parte delle trasformazioni chimico-enzimatiche responsabili della buona riuscita di questo

formaggio. La maturazione dura almeno 40-45 giorni per il tipo da consumarsi fresco, ma

può superare anche i sei mesi di durata.

Le forme cilindriche pesano dagli 8 ai 12 kg . La pasta di color avorio è compatta ed il

sapore è delicato, e conserva la fragranza delle erbe brembane che gli conferiscono un

caratteristico aroma.

Gorgonzola

Fino agli inizi del secolo questo formaggio era chiamato semplicemente "stracchino verde"

e "stracchino di Gorgonzola" e fu solo dopo la necessità di distinguere e valorizzare il

formaggio prodotto nella zona tipica di origine a dargli il definitivo nome di "Gorgonzola".

La sua area di produzione comprende le province di Brescia, Bergamo, Como, Cremona,

Cuneo, Milano, Novara, Pavia, Vercelli ed il territorio di Casale Monferrato in provincia di

Alessandria.

Preparato con latte intero, la pasta è molle, traslucida e burrosa, di intensissimo profumo,

di gusto molto forte e pungente. Le forme hanno un peso variabile tra i 6 e i 12 kg .

Grana padano

Ha origini remotissime, infatti è uno tra i pochi formaggi che si prepara a festeggiare il

millennio di età. Il nome gli viene dalla struttura granulosa che lo differenzia dalle morbide

paste degli altri formaggi, lisce e regolari al taglio.

L'area di produzione si estende dal Piemonte alla Lombardia (esclusa Mantova a Sud del

Po), all'Emilia Romagna (escluse Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna a sinistra del

Reno), al Veneto (esclusa Belluno) e al Trentino. E' di pasta dura-compatta, di colore giallo

chiaro, di caratteristico aroma, di sapore intenso e gradevole. E' prodotto dall'aprile al

novembre in forme cilindriche di 25- 40 kg . Basilare è la stagionatura e l'invecchiamento da

un minimo di un anno ad un massimo di due anni.

Montasio

Il nome è legato alla montagna. Deriva infatti dall'omonimo rilievo delle Alpi Giulie, ancora

oggi caratterizzato da splendidi e ricchi pascoli.

Fanno parte della zona di produzione: Friuli Venezia Giulia, le province di Belluno e

Treviso, parte di Padova e Venezia. Le forme cilindriche hanno un altezza di 6- 10 cm ed

un peso che varia dai 5 ai 9 kg . A pasta compatta, ha un sapore tipicamente dolce nel tipo

"fresco" che diviene aromatico e leggermente piccante nelle forme più stagionate.

Mozzarella di bufala

E' un formaggio fresco a pasta filata ottenuto direttamente dal latte intero di bufala,

attentamente selezionato da allevamenti che ne garantiscono la freschezza e la genuinità.

Attualmente la maggior parte degli allevamenti di bufale è localizzata nel Meridione,

tuttavia altri allevamenti stanno sorgendo anche al nord, fra il Ticino e il Mincio. La

mozzarella, quando è autenticamente bufalina è "di colore bianco porcellaneo, di forma

globosa, con una consistenza leggermente elastica nelle prime 8-10 ore dopo la

caseificazione e poi sempre più fondente. Al taglio lascia scolare sierosità biancastre dal

profumo di fermenti lattici".

Il sapore è gradevolmente fresco, acidulo e fragrante. E' preparata in forma rotonda e non

supera normalmente il peso di 500 g .

Murazzano

E' una "robiola piemontese", cioè un formaggio prodotto con latte vaccino ed ovino, di

consistenza molle, grasso a pasta morbida e fresca, un tempo prodotto quasi

esclusivamente in modo artigianale, oggi largamente prodotto da piccoli caseifici

cooperativi di Murazzano (da cui prende il nome) e da alcuni altri comuni della provincia di

Cuneo.

Il suo aspetto è decisamente caratteristico, con forme cilindriche che non superano il

decimetro e mezzo di diametro.

Parmigiano reggiano

Il nome indica il legame di questo formaggio con le terre circostanti le città di Parma e di

Reggio Emilia.

Fra le peculiarità e le attenzioni che caratterizzano la tecnica produttiva del Parmigiano

reggiano, una delle più importanti è la cura che viene posta nella scelta della materia

prima. Il latte deve infatti provenire da bovine perfettamente sane, la cui alimentazione

base è costituita da foraggi di prato polifita o da medicaio. Tutta la produzione proviene da

un'area ristretta alle province di Modena, Parma e Reggio Emilia e parte di quelle di

Bologna e Mantova.

Come per il Grana, anche il Parmigiano ha misure più che rispettabili: dai 24 ai 40 kg di

peso. Inconfondibile è pure la struttura della pasta: granulosa, con tipica frattura a scaglie

e un particolare aroma fragrante e delicato.

La stagionatura va da 1 a 3 anni.

Pecorino romano

Oggi è prodotto industrialmente, un tempo lo preparavano i pastori con latte intero di

pecora. Benché i dintorni di Roma abbiano costituito la culla della lavorazione industriale

del Pecorino, sin dal secolo scorso fu la Sardegna a divenire il centro di maggior

produzione. E infatti benché "romano", questo Pecorino proviene in gran parte da questa

regione, dove le tecniche di lavorazione ad esso connesse furono diffuse ad opera di

alcuni intraprendenti imprenditori romani e napoletani.

La pasta interna, di colore bianco paglierino tenue, si presenta generalmente compatta o

con una leggerissima occhiatura: l'aroma è fragrante, caratteristico, e il gusto tipicamente

piccante. La stagionatura è lunga e deve protrarsi per almeno 8 mesi.

Pecorino sardo

E' un prodotto caseario semicotto che vanta un'antica tradizione e la cui produzione è

diffusa su tutto il territorio isolano. Anche la materia prima è più che tradizionale: il latte

della pecora di razza sarda. E' ad essa che si deve il sapore carico di aromi che

contraddistingue il prodotto finale.

Sono due i "tipi" di Pecorino: il "Pecorino sardo dolce" e il "Pecorino sardo maturo". Nei

due casi l'aggettivo finale sta a indicare nel primo una caratteristica del sapore e nel

secondo i maggiori tempi di stagionatura. La pasta è bianca, morbida, compatta o con

rada occhiatura.

La forma, che si ispira al tradizionale modello cilindrico, ha un peso compreso tra 1 e 2 kg .

Pecorino siciliano

Detto anche "Canestratu". Prodotto esclusivamente con il latte di pecora, molto spesso

può presentarsi nella versione con il pepe nero aggiunto, a grani interi, al momento

dell'incanestratura. In tal caso si chiama semplicemente "pipatu". Il suo odore è forte e

caratteristico, ed il sapore, con l'età, si fa più piccante e ricco di aroma. Ha pasta compatta

bianca o paglierina.

La forma a ruota ha le facce leggermente concave ed un peso che va dai 4 ai 15 kg .

Pecorino toscano

Si ottiene dal latte di pecora. Viene prodotto in Toscana e in alcuni comuni limitrofi

dell'Umbria e del Lazio. Condizioni ambientali e tecniche produttive conferiscono al

Pecorino toscano il carattere dell'eccellenza, che raggiunge i picchi nelle produzioni dei

mesi primaverili, quando i pascoli sono più ricchi di essenze. A pasta molle giallopaglierino,

può essere usato fresco o anche stagionato.

Pressato

E' a base di latte crudo più o meno scremato. I produttori ed i consumatori, non sempre gli

attribuiscono il proprio nome. Anzi localmente il destino del pressato è di avere assunto

nomi diversi: per esempio "Gresal" a Sedico, o "Cherz" a Livinallongo. In tal modo il nome

pressato, così com'è, senza altri attributi, ha finito per diventare niente più che l'appellativo

di una categoria di formaggi. Si produce nelle province di Belluno e Verona in particolare,

oltre che nelle province di Treviso, Venezia e Padova. E' a pasta gialla o paglierina con

occhiature piccole, con una stagionatura massima di 2 mesi.

Provolone

Il nome non ha una derivazione precisa. L'etimologia, secondo alcuni, fa pensare alla

parola napoletana prova-provola con cui in Campania viene indicato il classico latticino di

bufala a pasta filata, da consumarsi fresco. Tuttavia localmente il termine provolone è

spesso sostituito da nomi tradizionali che fanno riferimento alle diverse forme e dimensioni

con cui viene preparato (Provolone, Giganti, Gigantini, ecc.). La forma caratteristica più

comune è comunque tronco-conica, con leggere insenature per il passaggio delle funi

utilizzate per appendere a coppie i formaggi a stagionare, ed un peso che si aggira

mediamente sui 4- 5 kg . Di origine meridionale, la sua lavorazione è estesa a molte regioni

italiane. Attualmente l'area di maggiore produzione si concentra nel Veneto e in

Lombardia, in particolare nella provincia di Cremona. Il sapore della pasta può essere

piccante o dolce; tale diversificazione è legata alla stagionatura che dura al massimo un

anno e alla tecnica di produzione che utilizza nel primo caso il caglio in pasta di capretto e

nel secondo il caglio liquido di vitello.

Ragusano

Viene prodotto nell'omonima città, da latte intero di mucca. La pasta è compatta e

morbida, gustosissima, dal colore leggermente giallognolo, con una sottile crosta dal tenue

colore biondo-paglierino.

E' un formaggio dalla forma rettangolare alto 13- 15 cm , lungo 40- 45 cm e con un peso che

varia dai 6 ai 12 kg . Tali dimensioni giustificano il termine di identificazione dialettale

"scaluni", che in Sicilia significa appunto "scalino".

La stagionatura dura al massimo 6 mesi. Prima di tale periodo può considerarsi "da

tavola".

Raschera

Ufficialmente il nome gli deriva dal lago Raschera, alle falde del monte Mongioie, in

provincia di Cuneo, che rappresenta la principale area di produzione. E' un formaggio

semigrasso, pressato, prodotto con latte vaccino, eventualmente addizionato con piccole

quantità di latte ovino o caprino. Se ne distinguono due forme con un peso variabile dagli 8

ai 10 kg per quella quadrata, fino a 7- 9 kg per quella rotonda. La stagionatura minima è di

30 giorni, ma può durare fino a 3 mesi, facendo acquistare al formaggio un sapore più

piccante ed un aspetto esteriore leggermente diverso: la crosta assume un colore

giallastro tendente al grigio.

Robiola di Roccaverano

Prende il nome dalla cittadina omonima in provincia di Asti. L'area di produzione

comprende, oltre a Roccaverano, il comune di Acqui Terme e pochi altri. Un tempo

prodotta con solo latte caprino, oggi conserva questa componente insieme con quella di

latte ovino e vaccino (la cui percentuale non supera l'85%).

Si può consumare fresco o lasciar maturare fino a 20 giorni. Si presenta con una forma

cilindrica ed un peso che normalmente non supera i 300 g . La crosta è inesistente, la

pasta è tenera, leggermente biancastra o giallo tenue. Ha un sapore dolce, fondente.

Taleggio

Fa parte dell'affollato gruppo dei prodotti tipici la cui denominazione è strettamente

collegata alla zona di origine. E' infatti dalla Val Taleggio - in provincia di Bergamo - che

questo formaggio originariamente proviene. La zona di produzione è circoscritta ad alcune

province lombarde, alla provincia veneta di Treviso e a quella piemontese di Novara.

Viene prodotto con latte vaccino. E' di pasta bianca e molle, leggermente filante. Ha

bisogno di 25-30 giorni di stagionatura.

Viene venduto in forme rettangolari del peso di circa 2 kg .

Toma

Di incerta etimologia, si può comunque supporre che il termine abbia origine nel francese

antico "tumer" (cadere), riferendosi alla precipitazione che la caseina subisce nel latte per

azione del caglio. La Toma è prodotta in Val d'Aosta e in Piemonte. E' definito come

"formaggio a pasta dura, semigrassa, prodotto con latte vaccino o misto, non fermentato",

ma in realtà sotto questo nome sono compresi molti prodotti diversi per stagionatura,

pezzatura, aroma e sapore (dal dolce al molto piccante). Le forme, cilindriche, non

superano i 3 kg .

Prossimi riconoscimenti:

Bitto della Valtellina (Lombardia)

Casolet della Val Camonica (Trentino e Lombardia)

Monte Veronese (Trentino e Veneto)

Quartirolo lombardo (Lombardia)

Silter della Val Camonica (Lombardia)

In lista d'attesa:

Bagoss di Bagolino (Lombardia)

Bettelmatt della Vald'Ossola (Piemonte)

Branzi dell'Alta Val Brembana (Lombardia)

Bruss delle Langhe (Piemonte)

Burrata delle Murge (Puglia)

Cacioricotta lucana (Puglia, Campania, Basilicata)

Casieddu di Moliterno (Basilicata)

Elva o Casale de Elva (Piemonte)

Formaggio di Fossa di Sogliano (Emilia Romagna, Marche)

Formaio Embriago (Veneto)

Graukase della Valle Aurina (Alto Adige)

Mascarpone di Battipaglia (Campania)

Paglierina di Rifreddo (Piemonte)

Pecorino di Filiano (Basilicata)

Piacintinu di Enna (Sicilia)

Provula di Floresta (Sicilia)

Salato morbido del Friuli (Friuli)

Scamorza Molisana (Abbruzzo, Molise)